DOVE OSANO LE LIBELLULE
Se a Milano ci fosse il lago… ma c’è! Anzi, ce ne sono decine!
A sud di Milano, anzi sui tre lati Ovest-Sud-Est c’è una vera “mezzaluna fertile”, per fortuna tutelata (per ora…) dal Parco Agricolo Sud Milano. Attorno alla città, nell’area metropolitana e nell’hinterland, fra i campi e le cittadine c’è abbondanza d’acqua. Risaie, rogge, canali, fontanili e decine di laghetti, quasi tutti originati da cave. Pochi sono accessibili a tutti, molti sede di pesca sportiva o di associazioni e privati, altri ancora sono riserve naturali. È una ricchezza naturale e paesaggistica e una risorsa ambientale importante. Testimonianza del fatto che Milano galleggia letteralmente sull’acqua, da sempre: molte sono ex cave che si sono riempite di acqua di falda; alcuni di questi laghetti invece sono alimentati da acque irrigue, in genere i più piccoli.
Tutti questi laghetti sono o potrebbero essere centro di riproduzione della natura e oasi per salvaguardare la diversità, mitigare i cambiamenti climatici, tutelare la vegetazione e gli animali e la salute degli umani. perché l’agricoltura praticata nell’area del parco è comunque del tipo invasivo: boschi, siepi, alberi, zone incolte sono molto rare, ormai. In effetti nei primi anni della sua istituzione il Parco ha provveduto a recuperare alcune aree del genere (ne parlo più avanti). Ma purtroppo il Parco Sud, nato negli anni Novanta del secolo scorso da un forte movimento dei cittadini e degli amministratori locali, oggi langue, divenuto un carrozzone burocratico quasi inerte. Simbolo dell’associazione per il Parco Sud: la rana, onnipresente un tempo nelle acque; c’è ancora un piccolo borgo, a Milano, a testimoniarlo: Ronchetto delle Rane. L’altro simbolo non ufficiale oggi del parco è la libellula: nei molti laghetti è una presenza che segnala la salute del luogo.
Con la scomparsa della Provincia di Milano, che lo amministrava, annacquata nella Città metropolitana, il parco ha perso mordente; inoltre, sparite le polizie locali provinciali che controllavano caccia e pesca, sparito il Corpo Forestale dello Stato, i controlli ambientali antiinquinamento, anticaccia e anti-tagli dei boschi sono ormai fantasmi. Resistono poche oasi gestite direttamente da cittadini volontari, le altre sono alla mercè di abusivismo e incuria (come nel caso dell’oasi di Lacchiarella, negli anni Ottanta-Novanta del secolo scorso all’avanguardia per tutela naturalistica e oggi semiabbandonata, e vedi più avanti l’esempio del Lamberin di Opera).
Aironi guardabuoi al Lamberin di Opera (foto di Alessandra Previtali)
Identikit dei laghetti attorno a Milano
Partendo da Ovest e procedendo verso Est ci sono:
- il lago di Monzoro e laghetto di Amis a Bareggio
- i laghetti del Parco delle Cave a Baggio
- i laghetti “dei cigni” a Muggiano e il laghetto Mezzetta a Trezzano sul Naviglio (di questo, divenuto di recente oasi naturale, e delle cave in generale parlo in quest’altro articolo>>)
- il laghetto di Corsico con la vicina Cava Burgo nel parco della Resistenza a Corsico
- il laghetto di Buccinasco
- il Lago Boscaccio a Gaggiano (ex cava, è terreno privato ma di fatto un’oasi di 35 ettari dove il GOL – Gruppo Ornitologico Lombardo opera in convenzione per lo studio e la tutela degli uccelli con stazione di inanellamento; ci sono almeno 180 specie di uccelli nell’area, attirati dall’acqua)
- il lago San Novo di Zibido San Giacomo
- il Lago Santa Maria di Gudo Gambaredo vicino ad Assago
- il lago Verde a Macconago, Milano
- i Laghetti Carcana a Mulino di Cusico (vicino c'è una stazione per la riproduzione della cicogna)
- il Lago di Basiglio (ne parlo qui più avanti)
- i laghetti di Tolcinasco all’interno dell’oasi naturalistica omonima a Pieve Emanuele (ne parlo qui più avanti)
- il laghetto di Lacchiarella (di fianco all’oasi naturalistica)
- i laghetti del Parco Nord di San Giuliano Milanese
- il laghetto Europa di San Donato Milanese
- il laghetto Bellaria a Robbiano
- i laghetti di Peschiera Borromeo e Mezzate
- l’Idroscalo e il piccolo laghetto Salesina del Parco Forlanini (ne parlo qui>>)
- il laghetto Malaspina a Milano San Felice e il vicino lago della Cava a Pioltello nel parco della Besozza
- i laghetti di Redecesio e Centroparco a Segrate
- il laghetto del Gaggiolo a Vimodrone (dove invece viene interrato sconsideratamente il vicino laghetto Gabbana)
- il lago del parco Increa e il lago del parco degli Aironi a Cernusco sul Naviglio (nel parco Est delle Cave).
Questo per dire solo dei maggiori.
Una mappa la si trova sul sito del Parco Sud qui (carta naturalistica fatta dal TCI, Touring Club Italiano, che si può scaricare)
https://www.cittametropolitana.mi.it/parco_agricolo_sud_milano/pubblicazioni/cartografia.html
Lghetto Carcana a Cusico
Oltre ai laghetti ci sono molte cave ancora attive o appena dismesse, riempitesi d’acqua e chiuse e non praticabili. Per dirne solo alcune, le cave di Arluno e di Pregnana Milanese, la cava accanto al laghetto Capanna a Cusago, la cava di Ronchetto e la cava al parco delle Risaie alla Barona (di cui parlo qui>>), la cava di Basiglio (da non confondersi con il vicino laghetto, di cui parlo più avanti), la cava Tecchione a Sesto Ulteriano (comune di San Donato Milanese) appena sotto il borgo di Chiaravalle di Milano, la cava Fornace a Peschiera Borromeo.
Anche queste potrebbero diventare specchi d’acqua per la metropoli e per la natura.
Insomma, Milano è circondata da una vera cortina d’acqua, che andrebbe valorizzata. Ma oltre all’inerzia attuale del Parco, ci sono voci insistenti che la Regione voglia accorpare il Parco Sud al Parco Nord, modo per… “annacquare” un ente che pur essendo molto depotenziato, oggi, resta però l’unico strumento di tutela per un territorio completamente diverso da quello a Nord della metropoli,. A Nord infatti la differenza del terreno, l’urbanizzazione selvaggia e il passato industriale non hanno nulla da spartire con la mezzaluna agricola della metà meridionale di Milano, che sconfina nelle propaggini Ovest ed Est in direzione del Ticino e dell’Adda, i due fiumi che delimitano l’area metropolitana.
Questa grande area verde costellata di laghetti dà ristoro ai locali, umani, pennuti stanziali o migratori, soprattutto acquatici, agli animali a quattro zampe e agli anfibi (la rana è il simbolo del Parco Sud) e ai i pesci (anche se questi ultimi finiscono all’amo dei pescatori, che tuttavia quasi sempre devono poi ributtarli nei laghetti).
Purtroppo la siccità degli ultimi due anni ha si fa sentire sulla scorta d’acqua: è sotto gli occhi dei molti che vanno all’Idroscalo, per esempio, la più vasta e popolare area “lacustre” di Milano. Ragione in più per tutelare una tale risorsa, che garantisce verde e svago a tutti.
Racconto qui di tre angoletti di natura vicini fra loro e belli da visitare, anche se il terzo soffre di abbandono e incipiente degrado: il lago di Basiglio, i laghetti di Tolcinasco a Pieve Emanuele e la lanca del Lamberin a Opera.
Il lago di Basiglio
Non è un laghetto nato per allietare la Milano3 di Basiglio, ovvero la seconda edizione del Milano2 di Segrate che il Gran Palazzinaro costruì alle origini dell’impero. C’era già prima di Lui, il laghetto, anzi era una cava. Il laghetto è diventato uno dei punti di passaggio e svernamento di uccelli fra i più importanti di tutta l’area Sud Milano: è uno dei più grandi laghi di cava del Parco. Su 26 ettari circa, grazie ad interventi di miglioramento ambientale, con la piantumazione di specie arboree autoctone, come l’ontano nero e i salici, oggi è casa di molti animali selvatici. Ci sono capanni per vedere gli uccelli acquatici e un arboreto didattico. Il laghetto è sempre aperto al pubblico: questo da una parte garantisce ai visitatori un luogo bello a due passi da casa e da Milano, dall’altra significa testuggini abbandonate nel lago con scorno degli abitanti originari, episodi di inquinamento delle acque, pesca abusiva con fili che s’aggrovigliano uccidendo animali selvatici… Soliti problemi dei luoghi preziosi ma “fruibili” senza controllo.
Vicino c’è il minuscolo centro storico di Basiglio, restato a testimoniare dell’era pre-Berlusconi, con una chiesetta e una bella fattoria ia ia oh a due passi dal laghetto: ci sono anche gli alpaca e gli asinelli, e si fanno iniziative sociali.
Laghetto di Basiglio
L’oasi dei Laghetti di Tolcinasco
A Tolcinasco invece l’oasi dei laghetti è chiusa al pubblico e cintata. Questo, come purtroppo spesso accade, è stato l’unico modo per salvarla da vandalismi, caccia e degrado. Si può visitare solo accordandosi con i volontari-responsabili dei laghetti. Infatti uno dei laghetti è sede di associazione di pesca sportiva. Gli altri sono appunto cintati, proprio di fianco al Golf Club di Tolcinasco, e curati appunto dai volontari-pescatori. Sono oltre 100.000 metri quadri, proprietà dal 1999 del Comune di Pieve Emanuele che sotto stimolo dei volontari ha tutelato l’area, con la collaborazione del Dipartimento di Scienze dell’Ambiente e del Territorio dell’università di Milano Bicocca. Adelio, presidente dell’associazione Gruppo Pesca Castello, ci guida attraverso i laghetti: Laghetto della Rana di Lataste (la rana rara che viene ripopolata in alcuni punti del Parco Sud), il Laghetto delle Libellule e il Lago degli Aironi. Sono laghetti artificiali, alimentati dalla falda; attualmente nel laghetto degli aironi vengono rinforzate le sponde. Sono stati piantati alberi e arbusti: farnie, olmi campestri, carpini bianchi, biancospino, viburno e ligustro. Adelio ci mostra i frutteti didattici, l’apiario e il vivaio dei pesci (si dice così?), i capanni per le osservazioni ornitologiche (anatre, aironi, gallinelle d’acqua e altro ancora). Ci racconta dei gufi liberati qui, degli altri rapaci notturni, delle lamentele di chi vorrebbe sempre aperta l’oasi… ma che oasi sarebbe, allora, concludiamo insieme! Insomma, anche qui come altrove senza le recinzioni, la presenza dei volontari che intervengono e custodiscono ben poco ci sarebbe. È una visita breve ma incantevole.
Per le visite: 338 912 4756,
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Svasso nel laghetto degli aironi a Tolcinasco (foto di Alessandra Previtali)
Il laghetto degli aironi a Tolcinasco (foto di Alessandra Previtali)
Le lanche del Lambro meridionale: Il Lamberin a Opera, la Pizzabrasa a Carpiano e la garzaia di Gnignano
Oltre al Lambro vero e proprio c’è un altro Lambro, il Lambro Meridionale, poveretto, noto anche come Lambro Merdario, riferendosi alla sua professione che si può immaginare dal nome. Almenho così era definito nel Medioevo: Lamber Merdarius, appunto. Anche questo Lambro, come il fratello maggiore, è un po’ ripulito rispetto a un tempo: i depuratori fanno il loro lavoro. Il Lambro Meridionale in realtà è un canale (uno dei mille della pianura meneghina), che nasce dalle parti di San Cristoforo e poi scorre nella zona meridionale di Milano fino a costeggiare il Gratosoglio, per entrare poi a Rozzano e Opera e finire nel Lambro vero e proprio. Fra parentesi, di fianco al Gratosoglio questo rio d’acqua sfortunato ha però una sua piccola gloria: semiabbandonato, ha le sponde ricche di alberi semiclandestini con il corredo di uccellini e piccoli selvatici. Al punto da essere stato il tramite per l’arrivo dei caprioli in città ai tempi della pandemia e del lockdown (vedi gli articoli sull’oasi Smeraldino di Rozzano e sul parco del Ticinello).
Però anche questo lambretto minore arrivato in campagna, dopo Rozzano, poteva sfogarsi come un fiume quasi libero, allagando qua e là la campagna, dove essa diveniva più bassa rispetto al centro di Milano. Appena prima di un avvallamento chiamato Valle delle Volpi, oggi in comune di Pieve Emanuele, in particolare restano due lanche in comune di Opera. Questa area naturale è detta del “Lamberin”, ed è a due passi in linea d’aria dall’area dei Laghetti di Tolcinasco ma per arrivarci occorre passare da Opera; è nascosta dietro alla zona industriale, propaggine della crosta capannonica che incombe su tutta la Padania e che ogni tanto nasconde questi resti vivi. I due ingressi sono da Via Lambro e da Via Adige. Ma non ci sono indicazioni.
Le lanche sono i rami “morti” dei fiumi, che cambiando corso nel tempo lasciano dietro di sé acque ferme, in genere stagnanti ma poi in certi casi alimentate dalla falda o da rogge. Nella lanca si forma naturalmente una piccola oasi naturale, che attira uccelli acquatici o meno e animali selvatici. Un microlaghetto, o uno stagno che dir si voglia. Quelli a Opera sono stati tutelati su 23 ettari grazie alle solite misconosciute iniziative e attività dei volontari (riuscirono dal 1994 a far espropriare l’area per tutelarla anche da impianti industriali inquinanti dei dintorni), protetti dal Parco Sud e dal Comune, ma languono e si degradano: c’è un minimo di percorso naturalistico con capanni di osservazione e cartelli, c’è un’area di difficile accesso che si mantiene abbastanza integra, è stato fatto un frutteto didattico con gli studenti dell’istituto Istituto Tecnico Agrario Calvino di Noverasco di Opera grazie anche al locale GAS (Gruppo di acquisto solidale) e alla Fondazione Cariplo. Ma l’accesso libero e non curato, la mancata vigilanza e la scarsa manutenzione fanno sì che le panchine siano divelte, i cani vaghino liberamente a discapito degli animali selvatici e la “casetta del bosco” sia una sede devastata di bisbocce con relativi rifiuti; anche gli orti abusivi appena fuori dall’area non brillano per decenza. E ogni tanto anche qualche sopravvissuto cacciatore fa incursioni. Chissà.
La lanca del Lamberin
Però intanto la lanca resiste. Per chi ama il Birdwatching è un luogo ideale: germano reale, gallinella d’acqua, airone cinerino, garzetta, martin pescatore e i piccoli passeriformi in quantità. Gli alberi sono quelli tipici delle golene, ovvero dei bordi dei fiumi: salici, pioppi bianchi, ontani neri, ma ci sono anche querce.
Più a Sud lungo il Lamberin c’è la sunnominata Valle delle Volpi; è una landa agricola, ma lungo le sponde del finto fiume c’è un'altra area naturale, anch’essa semitutelata: l’Area naturalistica di Pizzabrasa. E ancora più a Sud, sul Lambro Meridionale c’è una garzaia, la Garzaia di Gnignano (Gnignano è una frazione agreste del comune di Carpiano). La garzaia è un punto di nidificazione degli ardeidi, ovvero aironi e simili. un tempo queasi sparite, oggi stanno ritornando e ci si augura che anche questa sia ben tutelata anche in futuro.
Il povero Lamber Merdarius, insomma, oggi rappresenta un piccolo ma resistente corridoio ecologico che dal centro di Milano attraverso i navigli e giù giù fino alla Bassa pianura, fa da rifugio per gli animali e per gli umani che non hanno scordato di essere anch’essi tali almeno in parte. E quindi di aver bisogno com’è naturale di acqua, aria, terra e spazio. Scusate il pistolotto finale, ma quando ci vuole ci vuole.
Un video sul Lamberin di Annibale Covini https://www.youtube.com/watch?v=Y--JgP2W9sI
I fontanili e le altre oasi del Parco Agricolo Sud Milano
Il patrimonio idrico-naturalistico della metà agricola della metropoli comprende anche fontanili, lanche di fiume e piccole oasi. Oltre a quelli che ho già descritti qui, ci sono:
- i fontanili del Parco dei fontanili di Rho e di Settimo Milanese (ne parlo in un altro articolo)
- la Riserva Naturale Fontanile Nuovo di Bareggio
- il bosco di Cusago, il bosco di Riazzolo (nei comuni di Albairate, Cisliano e Corbetta) e il piccolo bosco dei Cento Passi a San Vito (ne parlerò in un prossimo articolo)
- l’oasi Smeraldino di Rozzano (ne parlo in un altro articolo) e la nuova Oasi la Sorgiva sempre a Rozzano, vicino al centro commerciale Fiordaliso
- l’oasi di Lacchiarella (oasi su 40 ettari di terreni privati ma in teoria pubblica, lungo la strada Melegnano-Binasco, fu all’avanguardia negli anni Novanta per gestione naturalistica e come punto importante di osservazioni ornitologiche; oggi né carne né pesce, trascurata dal Comune e dal Parco Sud)
- l’oasi Testa del Fontanile Visconta a San Giuliano Milanese (WWF)
- l’area naturale attorno alla cascina Santa Brera e a Rocca Brivio a San Giuliano Milanese,a due passi da Melegnano (ne parlo in un altro articolo)
- il laghetto Gambarino di Rosate-Vernate
- la zona umida di Pasturago-Vernate
- le sorgenti della Muzzetta e il Fontanile Rile di Settala (ne parlo in un altro articolo)
- l’oasi Carengione di Peschiera Borromeo (ne parlo in un altro articolo)
Sono aree piccole ma preziosissime. Tutte però sono in affanno, vista l’attuale deriva del Parco Sud e delle politiche di tutela.